venerdì 13 dicembre 2013

"In culo al mondo"

È il tredici dicembre duemilatredici. Vorrei fare un punto della situazione globale, ma non ne ho voglia. Vorrei parlare di qualcosa di specifico, di tedesco, di culturalmente interessante. Ma non ne ho proprio voglia.
Mi piacerebbe... non lo so. Ho mangiato e ho lo stomaco pieno. È un venerdì sera senza prospettive perché IO ho deciso di rimanere senza prospettive. Ho voglia di combattere l'uggia; ma la verità è che non ne ho poi così voglia.
Ho voglia di scrivere qualcosa. Allora decido di fare un piccolo punto della situazione globale delle mie ansie.
Questa mattina ho dovuto consegnare un "essay", un saggio, in inglese alla professoressa R.Z. di un corso che seguo. Ho parlato degli stereotipi e delle caratteristiche dell'Italia seguendo un elenco di quattordici topic che la professoressa ci aveva indicato su un foglio. Ho scritto una facciata e una decina di righe. Ieri pomeriggio-sera. In inglese. Senza aiuto. Che googletranslate ci assista!
Sorvolando la piccola parentesi che mi vede alle otto-meno-cinque minuti all'università nel tentativo di stampare suddetto saggio nella sala computer, passerei al resto della giornata.
La lezione trascorre tranquilla; una favola. Due ragazze hanno fatto una presentazione incentrata sulla musica britannica. Mi sono goduto come non mai i primi tredici secondi di "Anarchy in the UK" dei Sex Pistols. Brividi lungo la spina dorsale.
Dopo la prima lezione mi godo un'ora e mezzo di riposo leggendo delle dispense davanti ad un earl gray "schwarze" presso l'alte cafeteria cercando su Deezer qualche vecchia chicca musicale, cuffie (Kopfhörer) nelle orecchie, per assecondare quella strana voglia di musica che mi ha mosso quella stimolante presentazione. Alla fine, come era prevedibile, mi vedo catapultato, ancora una volta, in direzione di un'altra aula. L'immagine della mia vita si condensa nel perpetuo rincorrere oggetti che non si muovono.
Arrivo alla lezione che vola, letteralmente, mentre cerco di dissimulare i ruggiti del mio stomaco. All'una-e-venti sono diretto verso la mensa.
Mi blocco poco prima di salire le scale ricordandomi che, avendo fatto questa mattina presto delle fotocopie e, avendo poi preso un tè "schwarze" la mia tessera ha bisogno di una ricaricata. Mi dirigo all'apposito marchingegno solo per scoprire che ho finito i soldi. Il mio portafoglio è vuoto. Arrancando a denti stretti bestemmiando la Germania e la precisione tedesca esco al freddo e alle intemperie per andare a prelevare 20 miseri euro. Ovviamente l'ATM della Stadtsparkasse mi sputa in mano UNA banconota da 20 euro. Bestemmiando Mario Draghi e la razza delle banconote da 20 euro mi ritrascino dentro l'università, sotto la mensa, verso lo sportello dei fidatissimo dello Studentenwerk, che svolgono tante e utili funzioni. Ma la più importante è quella di spicciare i soldi. Alle 13.29 sono davanti allo sportello. Non c'è nessuno. Mi accorgo che il venerdì lo sportello deve chiudere alle 13.30. Faccio in tempo a pensare: "Certe volte i tedeschi sanno comportarsi da veri italiani", che sopraggiunge la faccia nota con la tipica maglietta arancione dello Studentenwerk che, semplicemente con uno sguardo cordiale, riesce a domandarmi: "Che cazzo vuoi a quest'ora". Senza sforzarmi di tradurre dall'italiano la frase"wechseln diese, bitte" -che forse mi sono inventato io- gli sventolo la banconota da venti bofonchiando un gentilissimo "zwei von zehn" (qualcosa di vagamente-letteralmente vicino ad una specie di: due da dieci) che viene colto al volo. Mi intasco le due banconote solo per digitalizzarne una nella mia tessera.
Posso andare a mangiare.
Anche la mensa il venerdì chiude prima. Riesco ad agguantare un vassoio a servirmi tre bei piattini: la santa trinità di un vegetariano in Germania: Kartoffeln, Tagessuppe, Karotten. 1,90 con la Campus Card. "Tutto il resto, non ha prezzo".
Riesco a raggiungere visi amici e a sedermi. È un piacere costringere un gruppo di persone che hanno finito da un'ora ad aspettare te che hai appena incominciato a mangiare.
No, non è vero; mi sono sentito un cane.
Dopo mangiato un altro tè nero. Un giro in copisteria e la libertà. Prendo il tram verso le 15.
Inaspettatamente mi decido di andare sino al Kaufland di Lechhausen per fare la spesa sostanziosa ed economica. Nonostante abbia comprato ieri una confezione di tofu al REWE ho voglia di fare una bella spesa per il Wochenende.
Arrivo a Lechhausen e trovo il Kaufland senza troppi problemi e/o troppi passi. Ritiro altri soldi per sicurezza ed entro. Perdo venti minuti davanti alla macchina automatica per le stampe delle foto. Dopo venti muniti di infruttuosi invii con il bluetooth mando affanculo il Kaufland rimpiangendo la macchina di Rossman; mi decido di incominciare a fare spesa.
Per farla breve: mele, pomodori, peperoni (Paprika in tedesco), mais (due barattoli di quello ultra economico), altro tofu-che-costa-poco-al-kilo, svizzere di soja e basta.
Esco, dopo aver pagato, e riesco a prendere al volo l'autobus numero 48. Scendo a Lechausen Brücke, prendo il tram 13 alla volta di Pylgerhaustraße per procedere zu Fuß sino a casa.
Il mio coinquilino sta cucinando, mi saluto con un "Servus". Disfo la sporta e mi metto sulla scrivania della mia camera.
Alle 17.30 circa, ora che ho una attimo di tempo per riprendere fiato mi sento desolato. Smarrito. Mi sento lontano dal mondo; errabondo uomo spaesato. Il mio riflesso nello schermo nero del mio computer non mi guarda, mi attraversa il volto e la nuca per contemplare lo spazio di una stanza in cui vivo da due mesi ma che in fondo non è casa mia. Per capire la situazione devo pormi delle domande. Dove sono? In Germania. Mi piace la Germania? Tutto sommato si. Perché? Perché è una bella esperienza. Cosa? Il trovarsi faccia a faccia con un mondo diverso, vero, concreto; che deve farti tirare fuori la grinta e la determinazione, mettendo alla prova anche la cosa più difficile che non possiedi veramente: la lingua. Ti senti a casa? Si... ma non troppo.
Mi ricordo che oggi è tredici dicembre duemilatredici. Oggi ricorre la data del mio fidanzamento; sono circa 4 anni e 4 mesi. Invio un messaggio su whatsapp alla mia ragazza che sta studiando a più di 700km da me.
Mi metto a studiare anche io. Mercoledì ho una presentazione, un referàt di sociolinguistica in inglese. Mi metto a leggere e a sottolineare fotocopie e fotocopie, pagina dopo pagina, parola dopo parola; rimuginando, in realtà, sulle distanze; sul tempo che passa e su quella linea che, tracciata sul foglio bianco per evidenziare tante piccole parole mi riavvicina a quello che mi è lontano.
È il tredici dicembre duemilatredici. E nonostante sia a "casa", mi sento nel culo del mondo.

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