sabato 26 ottobre 2013

Il girotondo delle mutande

Otto paia di calzini, sei mutande (rigorosamente slip), due maglie della salute (ci sono stati giorni davvero freddi), due asciugamani, un paio di pantaloni (oramai lisi e consunti) e un pigiama.
Parte del mio guardaroba, praticamente l'80 percento del mio intimo ha sperimentato il lavaggio -rigorosamente- senza ammorbidente delle lavatrici del Kolping.

25-30 minuti di puro divertimento, preceduti da quei due minuti di decifrazioni delle metodologie di funzionamento del duo lavatrice-asciugatrice, nei sotterranei dell'edificio. Momenti di suspance vera e propria, di quella tensione palpabile che ti viene ad arrovellare il cervello quando, in piedi davanti all'elettrodomestico, fai saettare lo sguardo dal vano per il detersivo alla confezione di prodotto che tieni in mano domandandoti: "E questo dove lo verso?".

Allora la mente viaggia all'ultima lavatrice che hai fatto in Germania, ospite in casa altrui, quando ti hanno concesso di lavare i tuoi panni. Un dejavù che si ripete tale e quale, cambia solo il colore delle mattonelle e il modello della lavatrice. Per non parlare del fatto che ti sei comprato il detersivo e che hai dovuto mettere 1,50€ in un marchingegno infernale per far accendere l'apparecchio.
La domanda avvolge tutto mentre i tuoi panni stipati nella lavatrice attendono la sentenza: "E questo dove lo verso?".
Una rapida occhiata ai geroglifici del vano, incrostati di prodotti e detersivi di varia marca, riescono a far riemergere qualche vago ricordo. Ti sovviene alla mente il breve scambio epistolare che hai avuto due settimane prima con tua madre a oltre 700 km da te via Whatsapp, in cui le chiedevi "E questo dove lo verso?", con tanto di foto e dettagli sugli arcaici simboli che, memore di quando facevi la lavatrice in Italia, non ti curavi di soppesare, guidato dal semplice "questo va qui, quest'altro qua, perché ho sempre fatto così".
Allora, e solo allora, con grande sollievo, per intercessione della memoria mi ricordo che, più o meno universalmente, il detersivo va versato nello scomparto più grande, sotto al geroglifico "II".

Un gioco da ragazzi, poi, impostare il programma a freddo e la centrifuga. Premere il tasto di avvio e ascoltare l'acqua che fluisce nella lavatrice è un vero piacere. Veder comparire "30" minuti sul display non è propria una gioia ma era stato preventivato.
Mi appoggio sul tavolino alle mie spalle e riprendo la lettura di "Cristo si è fermato a Eboli".

Alla fine del girotondo vado a ripescare il mio intimo e lo colloco nella busta del Rewe Markt adibita al trasporto e mi dirigo al terzo piano, in camera mia mentre cerco di escogitare un piano per sopperire al mancato utilizzo dell'asciugatrice.

Il bastone dello scopettone, il termosifone e il tavolo della mia stanza, come nelle migliori puntate di Mc Gyver, mi aiutano a stendere i panni, alla faccia di quell'euro e 50 che il mio portafoglio non conteneva.

Otto paia di calzini, sei mutande (rigorosamente slip), due maglie della salute, due asciugamani, un paio di pantaloni e un pigiama (che ho "steso" sullo scaffale sopra il mio letto) possono crogiolarsi nel loro rinnovato candore.

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