giovedì 14 novembre 2013

Una questione prospettica

A scuola insegnano che quando apri qualcosa, quel qualcosa, poi, lo devi chiudere; non importa cosa sia: quando hai finito lo devi chiudere, quel qualcosa; non si possono lasciare le "cose" aperte.

A scuola parlano di parentesi, graffe, tonde, quadre, uncinate -raramente-; in tutte le materie, dalla matematica all'italiano, sino all'italiano che viene impiegato per parlare di argomenti matematici, o fisici, biologici, chimici; scientifici o umanistici che siano una volta aperte, le parentesi, vanno chiuse.

Come le parentesi anche le virgolette vanno chiuse alla fine del discorso. Che vengano aperte per un dialogo, una citazione, un'inserzione di qualsivoglia tipo; poste in apici, in pedice, in linea con la frase del testo; una volte aperte vanno chiuse. Rigorosamente.

Non da fastidio, non ferisce gli occhi, il vedere nei giornali e nelle riviste quei refusi -si spera- per cui parentesi e virgolette si aprono senza venire richiuse? Quella sorta di spifferi testuali di cui il lettore non si raccapezza e magari ci perde persino il sonno quando le vede.

Mi ha colpito molto dunque, in Germania, il vedere che le virgolette "uncinate" vengano usate al contrario. Quando mi adopero nei miei esercizi di traduzione, per diletto personale o per semplice esercizio, o umana curiosità, attorno a testi di varia natura, mi stupisco sempre quando trovo una virgoletta chiusa a inizio di un dialogo.
Tutte le volte sorge spontanea sempre la stessa domanda: »E questa quando l'hanno aperta?«

1 commento:

  1. -.- questa esperienza l'ho fatta anche io ieri! con Die Verwandlung!! »e io che cercavo dove le aveva perte, e nella mia testa: matteo, sei poco attento!!! «

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