martedì 11 febbraio 2014

Leprechaun

Mattina, all'incirca verso le dieci meno un quarto. Esco di casa con la tracolla e il computer; la mia meta è la biblioteca dell'università, devo andare a scrivere, a lavorare sodo, per un Hausarbeit.
Sotto pile di libri (in realtà due miseri saggi di Pasolini, niente di più, presi più per sfizio che per necessità) e il computer che fatica a connettersi alla rete dell'università e, ancora peggio, per cercare di fargli pescare delle informazioni utili dall'OPAC; svolgo così il mio lavoro.
In programma c'è solo una pausa per il pranzo e per il tè.
Ancora una saliscendi sino alla torre più alta della biblioteca dove ho lasciato incustoditi libri e appunti.
Si stacca verso le sei meno un quarto. Vado a trovare la mia tutor per cena, e ci sono degli amici tedeschi.
E c'è vino. Rosso.

Adesso, non che voglia fare la parte di quello che beve, che alza il gomito alla bella vita ERASMUS - che è solo decantare un eccesso di goliardia peraltro eccessivo e stereotipizzato -, sino a causarsi violente allucinazioni da alcol, luppolo o mosto che sia; anche ricordando che, recentemente, ho dimostrato di apprezzare la birra tedesca accettando la famosa sfida della "nominazione". Ma il vino, è il vino. Poi se per giunta parliamo di un Chianti italiano, nelle terre tedesche. Concedetemi due o tre bicchieri in più - non di troppo, beninteso.
Fatto sta che tornando a casa, verso le due di notte, non puoi che sorprenderti nel trovare sulla tua scrivania un asciugamano rosa.

Adesso, non che voglia deviare dal fatto di aver bevuto qualcosa in precedenza, ma, si ponderi questa ipotesi, non è possibile che i Leprechaun, invece, non abbiano separato i bianchi dai colorati?

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