Fra un mese (31 giorni) potrò dire conclusa la mia esperienza ERASMUS, essendo, in questa data, vale a dire il 1 marzo 2014, nuovamente a casa.
Ancora un'ultima fatica, un'ultimo sforzo, gli esami, gli ultimi scontri con la burocrazia qua in Germania per poi passare la palla all'Italia, e vedere come andrà a finire.
Ancora un mese e tutto finirà; un mese esatto, circa quattro settimana, giorno più giorno meno, e potrò tornare a casa, nella mia città, riguardare i visi delle persone che ho lasciato indietro, dei miei amici come dei miei familiari e i luoghi delle mie Marche.
Tornare. Un senso di emozione mi attraversa se cerco di figurare questo scenario, eppure, di fatto sta per concretizzarsi. Quattro mesi fa esatti, oggi cade la celebrazione, sono partito e giunto in Germania lasciandomi tante cose alle spalle, con una valigia, uno zaino e il computer nella tracolla.
Manca un mese. Gli ultimi tocchi e ritocchi alla mia esperienza, poi dovrò ripercorre quella stessa strada che ho percorso quattro mesi fa a ritroso, magari cambiando solo il mezzo per il viaggio.
Ancora una volta il moto di ambivalente di costernazione e malinconia, oggi, a un mese dal mio ritorno, lascia il posto ad un'emozione nuova, determinata, un'ansia tutta protesa verso il futuro, verso il ritorno, verso la mia terra; il tutto si tramuta in una dolce nostalgia che mi accarezza dolcemente il cuore ora sospeso su un vuoto oramai aperto dentro di me.
Prima era timore di non sentirsi in gradi di affrontare la sfida, di essere poco determinati.
Poi è stato il peso di decidere, dover scegliere, il peso della libertà ma la grande gioia che ne deriva; poter dipendere solo da sé stessi per quanto riguardo la capacità di affrontare un determinato problema, la plasticità mentale tutta propria di una situazione del genere.
È stata la libertà, unica fonte di godimento. stata la gioia e l'amicizia, la facilità di apprendere e di non arrendersi, di sapersi muovere da soli, senza bisogno di chiedere nulla. Gli incontri e gli scontri, e tanti volti amici. Da qui la paura di allontanarsi, di poter godere il più possibile di una libertà pur sempre vincolata e, forse, concessa.
Ora l'attesa, l'ansia tesa, spasimante verso quel qualcosa che lentamente perde lentamente i suoi tratti indistinti ma ancora tremendamente nebulosi.
La prospettiva di tornare non fa più paura, viene vista come coronamento di questa esperienza, si proietta avanti nel tempo, verso la voglia di aggiungere esperienze ad un mosaico vivo e mutevole che va via via costituendosi.
E in mezzo a tutto questo bisogno: sento il bisogno viscerale di tornare a casa. Questa esperienza mi ha arricchito e sta continuando a farlo, pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, continua a farmi crescere, a farmi confrontare con un mondo che sino a qualche mese fa incuteva in me un timore incredibile, sovrumano. Ora, se non provo più quella paura è perché ho imparato a poter contare sempre un po' di più su di me e sulle mie capacità, senza dimenticare chi mi sta intorno.
Allora è la voglia di vincere le delusioni e le paure a spingermi indietro, verso quel luogo da cui molti vorrebbero allontanarsi, fuggire; che definiscono declinante o, ancora peggio, statico e immutabile. Ecco in cosa si materializzava quella paura uguale e contraria in me.
La paura che provavo è sopita ma sempre presente.
Ma alla fine non importa se altre persone possono giudicare sbagliata la mia scelta di partire, tornare indietro. Io devo fare tante altre cose, pensare al futuro, continuare il mio percorso facendo affidamento e conservando tutto quello che mi ha arricchito. Conservando anche quello che potrà mancarmi, ovvero quei bellissimi legami che ho costruito.
È dunque la voglia di mettermi ancora una volta in marcia, di tornare a casa e da li poter partire ancora una volta. È la voglia di essere libero; libero di scegliere, di decidere, e di sapere che potrò partire ancora e ancora, raccogliendo altre sfide; è sempre la libertà a guidare il mio passo.
Ma in fondo, fa tutto parte dello stesso gioco, della stessa esperienza.
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