Centinaia di bolidi, catorci, utilitarie di famiglia, furgoni di qualche ambulante che va a fare il mercato in chissà quale sperduto paese; si osservano passare le macchine ogni giorno, dirette chissà dove, con chissà-chi al volante, con i suoi pensieri, i suoi problemi, le sue preoccupazioni, così uguali alle nostre eppure così distanti, diverse e inconsistenti.
Un giorno si passa la frontiera, si visitano altri popoli, altre culture, e ci si ostina a credere che il mondo sia tutto uguale, che niente ci possa sorprendere. Si dice che "tutto il mondo è paese" e, allo stesso tempo, qualche frase dopo, che tutto "il mondo è bello perché è vario". Sembra una contraddizione ma è vero. È tutto vero, a suo modo.
È come guardare le targhe delle macchine, giocare a memorizzare la sequenza di lettere e numeri in un gioco senza fine, cercare di ricordare ogni dettaglio, anche il più insignificante, per il gusto tutto personale di conoscere, di memorizzare, di ricordare.
E alla fine, un giorno, oltre la frontiera scopri una targa con la "ö" (o humlaut) quando pensavi di averle viste tutte.
In IItalia, ad esempio, il carattere "ò" non è contemplato per le targhe, di qualsiasi tipo di veicolo, velivolo, motoscafo, autoblu utilitaria di famiglia... e per una targa capisci che il mondo è veramente vario.
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